I terroristi sì, il Papa no: che Università è questa?

Ivan Losio - mercoledì, 16 gennaio 2008

Non avrei mai pensato che parte del mondo universitario potesse scendere così in basso: contestare una visita-lezione di papa Benedetto XVI ed applaudire ad una conferenza di Renato Curcio, ex terrorista tra i fondatori delle Brigate Rosse. Esaltare un assassino ed imbavagliare un uomo di fede, un difensore dell’amore e della libertà.
Le notizie che arrivano da “La Sapienza” di Roma che parlano di un gruppo di anticlericali impegnati ad annunciare contestazioni durante la visita del Papa all’ateneo programmata per giovedì 17 gennaio (invito prontamente declinato da papa Ratzinger), mi hanno portato subito alla mente le cronache dello scorso marzo, quando Renato Curcio è stato invitato all’Università di Bologna a fare le sue considerazioni sull’evoluzione del mondo del lavoro.
Ricordo, quel giorno dell’anno scorso, di aver provato un forte senso di disagio nel vedere il personaggio simbolo degli anni di piombo entrare in una Università per parlare agli studenti di politiche del lavoro, proprio in quella città dove è ancora fresca la ferita aperta dalla morte di Marco Biagi, ucciso dagli epigoni delle idee dello stesso Curcio.
Ricordo di aver pensato subito anche ad un altro triste evento che ha avuto come scenario una Università e che aveva sconvolto, negli anni di piombo, tutto il mondo cattolico e persino la mia sensibilità di bambino militante nell’Azione Cattolica Ragazzi. Quell’episodio mi torna in mente ogni volta che sento parlare di Brigate Rosse, Curcio & C.: l’assassinio di Vittorio Bachelet, giurista e uomo politico, grande ispiratore del movimento cattolico italiano, ammazzato a “La Sapienza” dalle BR al termine di una lezione.

L’irritazione ed il disagio che ho provato ieri, il pensiero che, in qualche modo, queste persone fossero riuscite a prendere il posto delle persone a cui ero legato e che esse hanno ucciso, hanno però ceduto presto il passo ad un sentimento di tolleranza misto a rassegnazione: il perdono al posto della vendetta, la vita al posto della morte. Democrazia è anche tolleranza ed è giusto che queste persone, scontate le loro pene, pagato il loro debito con la giustizia, abbiano un’altra possibilità, una nuova chance.

La contestazione degli universitari romani nei confronti di Benedetto XVI, però, proprio non mi va giù. Non riesco proprio a capire con quali sentimenti si possa tappare la bocca a chi parla di pace, di giustizia e di libertà. Con quali strumenti si può ascoltare una persona che si è macchiata di sangue altrui e si può, al tempo stesso, imbavagliare chi non ha nulla da farsi perdonare, ma che, anzi, rappresenta e guida un mondo, la Chiesa, nel quale vige la legge dell’amore?

Tutto il mondo universitario deve riflettere seriamente su questa questione e, forse, è opportuno che si apra un dibattito sul concetto di democrazia. Sembra questo, infatti, essere il principio ispiratore dei contestatori capitolini. L‘idea, però, dimentica per strada un requisito fondamentale per la democrazia: la tolleranza.

In nome della democrazia queste persone possono rivendicare il diritto di pensarla diversamente dal capo della Chiesa Cattolica, ma, in nome della stessa, dovrebbero, nel contempo, tollerare che lo stesso visiti in santa pace la loro Università. Anche se è troppo tardi.

Ivan Losio